Vi racconto il presepe vivente.
C i sono cose, iniziative, eventi che, dal silenzio, a poco a poco, cominciano a vivere una sorta di
vita propria, a muoversi da soli e non puoi più fermarli.
Capita, in particolare, quando comincia quel passaparola alimentato da chi, dopo averne goduto e, soprattutto essersi commosso e coinvolto, raccomanda ai più vicini la medesima cosa.
Questo è accaduto per il grande lavoro del “Presepe vivente”, realizzato dalla Comunità francescana e non , nei giorni 26 Dicembre e 3-6 Gennaio 2010.
L’iniziativa, partita in sordina, tra lo scetticismo e l’incredulità di alcuni, ma la caparbietà e la tenacia di altri, possiamo certamente dire che è stato un successo, anzi un trionfo!
Io non voglio parlare degli intenti, delle finalità, dei desideri che hanno mosso i partecipanti, ma
voglio provare a raccontare, a fermare con la mia debole scrittura la bellezza, dopo la fatica vissuta anche personalmente, di tre rappresentazioni al freddo e al gelo… è proprio il caso di dirlo!
“ Credo che fare il Presepe” sia un gesto d’ amore, una speranza che si rinnova, legati da un lato ad una devozione religiosa, ma anche alla trasmissione affettiva familiare.
Quando costruiamo il Presepe, torniamo tutti bambini e penso che ognuno di noi abbia dei bei ricordi ed immagini nel suo cuore legati a quanto sto dicendo.
Ancora “fare il Presepe” è tradurre il vangelo in pupi, statuine e, in questo caso, in figuranti che, in un percorso simbolico tra il sacro e il profano, tra la fiaba e il reale, attraverso tappe centrali come la taverna, il mercato, il pozzo la Natività e la fatica del quotidiano rappresentati da: il lavoratore di pietre, il falegname, il fabbro, i pastori, i pescatori e tutto il coro delle donne: le cardatrici di lana, le ricamatrici e le brave massaie, rappresentano il faticoso percorso umano verso un Dio che ha scelto, superando ogni nostra intelligenza, di incarnarsi in un Bambino, per parlarci di semplicità, di tenerezza, di nudità, di precarietà, di povertà e di silenzio”…
Ecco l’incanto e l’atmosfera, catturati dal poverello di Assisi, di cui siamo figli non sempre degni, che i visitatori, centinaia e centinaia di persone, hanno colto.
Una lezione fatta di sguardi, di piccoli gesti, silenzi, parole non dette, mimica facciale, che ci insegnava a credere nel Mistero.
Sono accorsi in tanti e da più parti, nell’area prospiciente la statale, riscoperta da molti visitatori.

BRAVI TUTTI!!! E GRAZIE…
Alla comparsa dell’ultimo giorno, a chi ha lavorato prima e dopo l’allestimento del presepe.
Sono tanti e lo sussurrano,e lasciano parlare i prodotti del loro lavoro, lavoro che porta il sigillo delle mani e della mente.
Bravi e grazie a tutti i figuranti, dal più piccolo al più grande, per la pazienza dimostrata attraverso la compostezza e l’immobilità di ore ed ore, per il freddo ed il gelo subiti.
Grazie a tutti coloro che hanno coordinato, organizzato e diretto questo complesso lavoro.
Grazie ai frati che ci hanno creduto, ospitato e accolti come sempre e sostenuto nel lavoro quotidiano di preparazione.
Ed infine, (e non è poca cosa) va sottolineata la bellezza del ”fare”, del lavoro corale, che riesce, sempre, ad accomunare persone tanto diverse per formazione e lavoro, per età, tutti contagiati dallo stesso entusiasmo.

P.S. Ed ora, senza tediarvi ancora, vorrei prendermi una licenza…
Vorrei fare un omaggio personale, perché mi ha commosso, a Flavio, la mascotte del presepe, che, ad ogni giro, quando lo guardavo, mi incantava e mi insegnava a sorridere, ad essere accogliente quando si volgeva verso gli altri bambini, ad essere silenzioso, a muoversi e destreggiarsi con delicatezza all’interno del suo piccolo spazio.
Un omaggio personale a Rosaria e Giovina, che, ad ogni giro, mi sorridevano, anche se stanche e infreddolite, e bastava un mio ammiccamento per ridare loro vivacità.
Un omaggio al fabbro, umile ma serio e bravo, che con il suo arroventare il ferro, peraltro molto ammirato per l’estremo realismo, mi ha insegnato che se si riesce a piegare il ferro, tanto più si può fare con il nostro cuore…

Maria Caravella 
famiglia francescana